Avete presente l’Unobtanium? Se avete visto “Avatar”, ve lo ricordate di sicuro: è il metallo di cui è ricco il pianeta Pandora, e che ha scatenato gli appetiti di una multinazionale senza scrupoli, la RDA (Resources Development Administration). Ebbene, per il nome di questo metallo il regista James Cameron si è ispirato a uno scherzo inventato dagli ingegneri spaziali della Nasa negli anni ’50 (e che racconto, insieme ad altri 110, nel mio libro).
A quell’epoca, infatti, si stavano facendo i primi studi per inviare sonde nello spazio, e subito si era capito che un elemento critico per le navicelle spaziali doveva essere il loro rivestimento, capace di resistere alle temperature estreme della fase di rientro, dovute all’attrito con l’atmosfera terrestre: peccato che un materiale simile non era stato ancora né scoperto né inventato. Così il materiale di quel rivestimento fu chiamato “Unobtanium”, un derivato umoristico da unobtainable (introvabile) a cui è stato aggiunto il suffisso –ium usato solitamente per designare gli elementi chimici. Come dire: quando avremo trovato un materiale simile, riusciremo a realizzare un’astronave capace di affrontare un viaggio spaziale.
Il termine gergale è sopravvissuto negli anni: era usato anche per indicare il titanio, che negli anni ’60 era difficile da trovare perché gestito quasi totalmente dalla Russia, poi le terre rare e i nanotubi di carbonio.
Il salto dai progetti visionari alla fiction era breve, e infatti l’”Unobtanium” è stato usato la prima volta nel film “The core” (2003, regia di Jon Amiel). La pellicola racconta che il nucleo della Terra aveva smesso di ruotare, privando il pianeta del campo magnetico che la protegge dalle radiazioni spaziali. Così il governo degli Usa decide di inviare una sonda in grado di arrivare al centro della Terra per rilasciare l’”Unobtanium” capace di convertire il calore in elettricità, ripristinando così il campo magnetico.
In “Avatar”, invece, l’Unobtanium è un cristallo metallico superconduttore, capace cioè di condurre l’elettricità senza dispersioni energetiche e in grado di funzionare a temperatura ambiente (di solito i superconduttori funzionano a temperature molto basse). I suoi giacimenti si trovano sul pianeta Pandora, che ha un’atmosfera irrespirabile ed è difeso dagli alieni Na’vi.
In “Avatar” l’Unobtanium è usato come iperchip per computer, per ottenere elaborazioni di dati e comunicazioni più veloci della luce, oltre che per alimentare i treni a levitazione magnetica ad alta velocità e le astronavi ad antimateria. Ecco perché un chilo di Unobtanium grezzo vale 20 milioni di dollari (il doppio se raffinato).
Dunque, anche uno scherzo può scatenare la fantasia. Ed è divertente sapere che un termine ironico, che strizza l’occhio al gergo degli scienziati (“questo materiale non esiste, ma ci piacerebbe che esistesse”) sia usato anche per incantare gli spettatori con una storia fantascientifica.