Washington, 2002
Vi è mai capitato di ascoltare una lezione o una relazione scientifica a un congresso e non capirci nulla?
A Doug Zongker, dottorando di informatica alla Paul Allen School of Computer Science and engineering dell’Università di Washington, deve essere successo diverse volte.
Così un giorno ha deciso di prendere in giro tutti quegli scienziati che parlano in un gergo incomprensibile, nel quale potrebbero dire qualunque cosa. Anche una frae assolutamente senza senso come “chicken, chicken, chicken” (“pollo, pollo, pollo”).
Così Zongker – oggi ingegnere a Waymo – è passato all’azione: ha redatto una finta ricerca intitolata “Chicken Chicken Chicken: Chicken Chicken”. Un’espressione utilizzata non solo nel titolo, ma anche nel riassunto, nei paragrafi, nella conclusione, nella bibliografia. E – dettaglio ancor più importante – nei grafici e nelle tabelle che solitamente corredano una ricerca scientifica.
Uno scherzo profetico, se penso che la mia raccolta di scherzi scientifici si intitola “Il pollo di Marconi“.
Il documento è stato redatto in modo simile a un paper scientifico: potete leggerlo qui. Insomma, uno studio assolutamente senza senso, per il gusto di scimmiottare chi si crogiola nel linguaggio tecnico senza curarsi se chi ascolta lo capisca: in inglese, questo modo parodico di imitarlo dicendo cose senza senso si chiama “technobabble” (tecno bla-bla), in italiano lo chiamiamo “supercazzola“.
La presentazione ha fatto furore: si è diffusa in modo virale fra gli studenti di informatica finché è stata intercettata dagli amici di Annals of Improbable research (gli inventori del premio parodistico IgNobel) che l’hanno pubblicato in un numero speciale del 2006.
E nel 2007 Zongker è stato invitato a presentare il paper all’incontro annuale dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS), la società che pubblica la prestigiosa rivista “Science”.
La sua “lezione”, della durata di 4 minuti, è un continuo avvicendarsi di slides con il commento «chiken, chicken, chicken»: da notare che a ogni diapositiva si scatenano le risate sfrenate degli scienziati presenti: sintomo che la parodia ha colto nel segno. La lingua batte dove il dente duole.